ASSAGGI (Per gentile concessione di Donzelli Editore Srl)

Il 2 maggio 1945 Wernher Magnus Maximilian Freiherr von Braun, ingegnere capo del progetto di sviluppo della missilistica del Reich tedesco, si consegna alla 44a Divisione di fanteria americana. L’esercito statunitense aveva da poco varcato la parte nord-orientale della Germania arrivando a Peenemünde, il paese della Heeresversuchsanstalt, il sito di sperimentazione e sviluppo missilistico istituito dai nazisti nel 1937.

In questo luogo, durante gli anni quaranta, von Braun e colleghi hanno messo a punto i Vergeltungswaffe 21 – più spesso chiamati con l’abbreviazione V2 – i potenti razzi che sorvolano la Terra a cinquemila chilometri orari per andare a devastare Parigi, e più in là, oltre la Manica, a sganciare su Londra ottocento chili di esplosivo alla volta.

L’ingegneria al servizio della morte, nata e cresciuta a Heeresversuchsanstalt, arriva però all’epilogo. All’indomani dell’avanzata degli Alleati, con i russi a meno di duecento chilometri da Peenemünde, il gruppo di von Braun ha deciso di scampare al nemico più temuto sventolando bandiera bianca agli americani. Il 20 giugno 1945, il segretario di Stato americano Cordell Hull ordina il trasferimento di von Braun e della sua squadra negli Stati Uniti.

Il reclutamento degli scienziati tedeschi – e non solo tedeschi – non è un rastrellamento di prigionieri, è in realtà un’operazione razionale dal nome in codice «Paperclips». Ha inizio ufficialmente nel novembre del 1945 ed è svolta a cura dell’intelligence americana, in particolare dell’Ufficio servizi strategici (Oss) che, oltre alla squadra di von Braun, ambisce a portare oltreoceano un gruppo estremamente folto di cervelli specializzati. A cosa serve l’operazione Paperclips?

Von Braun viene stabilizzato a Fort Bliss, nel Texas, a nord di El Paso, in un laboratorio militare, al preciso scopo di proseguire la ricerca nel campo della balistica e della missilistica. Poco tempo dopo lo scienziato tedesco e il suo staff saranno ad addestrare personale militare, industriale e universitario americano. Inoltre aiuterà l'esercito a eseguire una serie di nuovi test, i lanci sperimentali di altri V2 nel Nuovo Messico.

Nel 1945 la seconda guerra mondiale è terminata [...] tuttavia mentre agli occhi del mondo si staglia la speranza di nuovi pacifici equilibri sono già da tempo in atto i preparativi di un nuovo conflitto, meno gravoso in termini di perdite umane purtuttavia non meno aspro e molto più lungo. In quel tempo, secondo il filosofo e politologo Norberto Bobbio «La democrazia alleata al comunismo aveva appena vinto la Seconda guerra mondiale, ma nel 1945 cominciava una nuova atroce battaglia. Quella del ring in cui s’affrontano i vincitori, per l’appunto, la democrazia e il comunismo. Questa battaglia che è passata alla storia come Guerra fredda io la chiamo Terza guerra mondiale».

Nel 1958, anni dall’amnistia, Wernher von Braun è una superstar dell’ingegneria aerospaziale. Stimato dal governo e amato anche dal popolo americano, soprattutto dai giovani. Eredita un passato ingombrante ma in ombra, per così dire, per il disco della Luna, sempre più vicina. In quell’anno uno «spavaldo e giovane cronista» – come si racconta oggi Sergio Zavoli –, alla vigilia degli anni delle corse spaziali, realizza a von Braun una storica intervista.

«Andavo dall’inventore dei terribili razzi V2, le macchine della morte del Reich di Hitler – narra Zavoli – e questo stato d’animo mi pose sulle difensive». Il giovane cronista, dice Zavoli, di fronte all’inventore dei V2, tira fuori però una domanda arguta: «Dottor von Braun quando il suo razzo sarà in orbita e sfiorerà la Luna, il cosmo, e vedrà di lontano il nostro pianeta, cosa cambierà per noi? I ricchi saranno ancora ricchi, i poveri saranno ancora poveri. Mi chiedo, a cosa serviranno le grandi imprese della scienza?».

Ma l’ingegnere tedesco dà una risposta secca: «Mi dica lei: a cosa serve un bimbo appena nato?». La metafora dello scienziato allude al valore dell’innovazione: cosa porta una nuova vita se non ciò che sarà in grado di fare e dare grazie alle nostre capacità di genitori di allevarla ed educarla? Nessun genitore lo conosce, eppure smetteremmo mai di fare figli pur non sapendo chi diventeranno?